Don't let me down., Derek / Evangeline

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Lucy in the sky with diamonds
view post Posted on 23/9/2011, 17:31




«Derek Eastwood»
BABY I HAVE NO STORY TO BE TOLD



L'anno scolastico era iniziato e io mi ritrovavo di nuovo tra i corridoi della scuola. Sapevo cosa mi aspettava quell'anno: avrei dovuto impegnarmi di più con la scuola se avrei voluto continuare a giocare per i Titans. L'anno scorso avevo rischiato di abbandonare la squadra per non aver studiato regolarmente. Come ogni giorno di scuola, mi muovevo tra i corridoi lentamente, attento a non urtare qualcuno con lo zaino che portavo in spalla. Ero sempre stato attento a non fare del male qualcuno ogni volta che mi muovevo tra i corridoi: spesso tra il casco, lo zaino e la divisa dei Titans non riuscivo a stare attento e finivo sempre con urtare qualcuno. Ogni volta che capitava cercavo di scusarmi anche se non c'era bisogno: in genere andavo a finire contro uno del Glee o contro un nerd che di solito tremava come una foglia al mio cospetto, quindi non ricevevo pugni o insulti per la spinta. Questa cosa mi infastidiva: perchè mai uno dovrebbe essere diverso solo perchè ha altri interessi oltre al football? Se un ragazzo non è uno sportivo non è detto che sia uno sfigato. Sospirai mentre aprivo il mio armadietto. Avevo quell'armadietto dal primo anno e non era cambiato per niente: avevo i soliti libri nella parte superiore, un tuta di ricambio e le mille figurine di football attaccate sull'anta. L'unica cosa di diverso era il piccolo pezzo dell'annuario scolastico che avevo ritagliato e incollato dietro ai libri: Era la foto delle Cheerios. Sorrisi toccando sulla foto il cerchio rosso che avevo tracciato intorno al viso di Evangeline. Evangeline... Non l'avevo vista da quel pomeriggio. Non avevo avuto il coraggio di richiamarla e nè avevo avuto sue notizie. Avevo quasi pensato che mi avesse preso in giro. Nascosi la foto dietro ai libri e chiusi l'armadietto. Negli ultimi giorni d'estate l'avevo pensata parecchio: tutti i giorni andavo al parco e mi sedevo al "famoso" tavolino speranzoso di rivederla. Ma ciò non avvenne. Salutai con un cenno Samuel che aveva l'armadietto un pò più distante dal mio. Cercai di sorridere per fargli capire che andava tutto bene ma quello che uscì fu soltanto una smorfia. Fortunatamente lui prese il gesto scherzosamente e si allontanò. Rimasi per un attimo pensieroso: dovevo cercare di dimenticarla dato che lei sembrava non avere più interesse per me, almeno così ero convinto.


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view post Posted on 23/9/2011, 22:32
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E si ritorna a scuola. Quante cose erano accadute quell'estate? Beh, effettivamente, nulla di rilevante, a parte Derek. Già, Derek. Ci saremmo rivisti prima o poi a scuola? O lui aveva già finito? Non lo ricordavo, ero solo molto confusa, continuavo a pensare in svedese. Già, perché dovete sapere che quel pomeriggio, quello che avevo passato con Derek, papà aveva chiamato per dirmi che... Che dovevamo partire entro pochi giorni per la Svezia. La nonna ci aveva reclamati a gran voce, anche perché dovevamo presenziare a varie cerimonie, essendo la famiglia di mia madre molto importante lì. Avevo tentanto di convincere mio padre a farmi rimanere con Andrew che doveva dare alcuni esami, ma non c'era stato niente da fare: sarei dovuta partire con lui, poi Andie ci avrebbe raggiunti. Non potete immaginare il mio sconforto. Non ero riuscita a contattare Derek e dalla Svezia sarebbe stato completamente improponibile: anzi, era proprio impossibile. Così, ogni tanto nell'ultima settimana mi era capitato di fare delle domande a papà, ma anche dei discorsetti, in svedese. Lui mi guardava all'inizio corrucciato, poi mi rispondeva nella sua lingua e mi faceva rendere conto che parlavo nella mia lingua madre, non in inglese. Ogni volta sbuffavo e mi sforzavo di tornare con i piedi su suolo americano: ormai era quella la mia nazionalità. Così, tornai a scuola pensierosa. A Stoccolma avevo ritrovato i miei amichetti di quando ero piccola: anche loro erano cresciuti, alcuni anche tanto. Io ero l'unica rimasta più piccolina e bassina. Ero uscita con loro, mi ero divertita, ma ogni tanto Derek mi tornava in mente. Sì, speravo di rivederlo quella mattina. Arrivai a scuola accompagnata da Andie. A lui avevo raccontato tutto e mi aveva incoraggiato a cercarlo, almeno quella mattina per spiegargli tutto. Io avevo annuito poco convinta, ma avevo annuito. Arrivai davanti all'armadietto e vi infilai i primi libri, nuovi. Le cheerios ancora non avevano iniziato a fare vittime, quindi ero in abiti "civili". Un po' tanto sbracciata, ma chi lo avrebbe mai notato? Chiusi l'armadietto pensierosa, avviandomi timidamente verso il corridoio dove si trovava quello di Derek. Presi coraggio facendo un gran respiro e lo cercai con lo sguardo. Vidi una testa riccioluta che riconobbi come Samuel, suo cugino. Il cuore mi fece una capriola nel petto quando lo vidi non poco lontano. Mi morsi il labbro inferiore e mi bloccai sul posto, puntando il mio sguardo su di lui. Mi erano esplose mille e mille emozioni dentro, come quando... Come quando vedi una persona dopo molto tempo e questa persona è importante per te. Sembrerà stupido, forse da bambini, ma era così. Gli sarei voluta correre incontro, ma ero completamente paralizzata. Così gli sorrisi. Uno dei sorrisi più larghi, sinceri e pieni di affetto che io abbia mai fatto. Ero terribilmente felice di rivederlo.
Evangeline Liselott Fierce
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Lucy in the sky with diamonds
view post Posted on 27/9/2011, 19:56




«Derek Eastwood»
BABY I HAVE NO STORY TO BE TOLD



Presi il mio amato ipod nella tasca dei jeans e misi le cuffie. Con il dito tastavo lo schermo dell'ipod cercando la canzone giusta, la canzone che mi desse la carica ma che mi rilassasse allo stesso momento. I corridoi cominciarono a riempirsi: sentivo intorno a me le continue voci e i movimenti degli altri studenti. Mentre cercavo la canzone giusta, sentii una strana sensazione: era come se qualcuno mi stesse osservando. Mi girai prima a destra e poi a sinsitra per controllare: Tutti erano impegnati a far altro, nessuno mi dava retta nè tanto meno osservando. Eppure quella sensazione la sentivo ancora. Mi bastò guardare davanti per rendermi conto: a pochi metri distanti c'era lei, che mi sorrideva. Era lei, Evangeline. Lasciai perdere l'ipod per camminare velocemente verso di lei, muovendomi questa volta, sinuosamente tra la folla. Questa volta non mi importò di urtare qualcuno: ora era a lei che dovevo pensare. Più mi avvicinavo a lei e più non ci credevo: era strano come una persona potesse cambiarti la vita e come potesse mancarti in quel modo. Evangeline sembrava distante chilomentri eppure arrivai in un attimo da lei. Avrei voluto abbracciarla e sussurrarle nell'orecchio che mi era mancata e che fine avesse fatto, perchè non mi avesse cercato e scusarmi con lei se non ero stato io a cercarla.
-Sei qui...-
Con tutte le cose che volevo dirle e spiegarle, ero riuscito a dire sono un "sei qui". Più crescevo e più diventavo stupido. La guardai negli occhi: avevo quasi dimenticato come fossero così celesti, limpidi, sinceri. No, lei non mi aveva cercato per un motivo ben preciso. Finalmente ricordai al mio corpo di respirare. Non sapevo come comportarmi. Non sapevo cosa eravamo: eravamo amici o qualcosa di più? Poteva un bacio cambiare le cose? Mi limitai a sorriderle e ad osservare i suoi occhi: chissà se li avrei rivisti ancora da vicino quegli occhi. Ma non potevo starmene fermo lì davanti a lei senza dire niente: era il momento di agire.
-Io devo scusarmi... Non ti ho cercato. Mi dispiace.-
Lo dissi quasi con un tono supplichevole cosa che mi fece camminare cosa provavo realmente per Evangeline: mi ero innamorato, era chiaro.


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view post Posted on 28/9/2011, 16:40
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Vi è mai capitato di non pensare? O meglio, di non ricordarvi il pensiero che avevate appena formulato? Forse, non era molto importante. Ma quando ve lo dimenticate, credete sempre che quello fosse il più grande colpo di genio della vostra vita. In quel momento, invece, non riuscivo direttamente a pensare. Mi sentivo sin troppo sopraffatta dagli eventi per riuscire a formulare o a visualizzare qualcosa che non fosse Derek. E sapevo perfettamente che i pensieri precedentemente formulati non contavano. Non contavano le scuse, tutto ciò che era accaduto affinché non ci potessimo vedere, Derek mi stava venendo incontro. E io sorridevo. -Sei qui...- mi sentì dire e sorrisi ancora di più, o meglio, l'avrei fatto se fosse stato possibile! L'avevo notata subito, il giorno del nostro ultimo incontro, la sua impacciataggine. Ma mi piaceva, lo rendeva tenero ai miei occhi. Anche perché, constatai, lo era solo con me. Con le altre persone l'anno scorso, quando lo vedevo da lontano fra le cheerios, era sempre allegro, scherzava, quasi spavaldo. Ma tutto ciò non lo avevo ancora riscontrato in lui. Poco importava però. Anche lui era quindi felice di vedermi? Altrimenti non mi avrebbe raggiunto, non mi avrebbe detto quel "sei qui" che poteva valere più di mille altre parole. Mi bastarono quei due monosillabi per farmi capire che quel pomeriggio non era passato invano. Lo guardai negli occhi e chiusi la bocca, continuando però a sorridere. Mi avvicinai e lo abbracciai, stringendo le mie braccia attorno al suo collo e mi alzai sulle punte per dargli un leggero bacio sul mento. No, non dovevo essere troppo avventata. Scesi e cercai con le mie mani le sue, senza mai staccare i miei occhi dai suoi. Oh, come mi era mancato quello sguardo da bambino! No, non ti devi scusare dissi finalmente, sospirando e sorridendo. Non era colpa sua, di cosa aveva colpe poi? Ero io quella che era "fuggita" a Stoccolma, non di certo lui! Avrei dovuto avvertirlo. In definitiva, avevamo entrambi delle "colpe". Ma a me non interessava, ora eravamo di nuovo insieme e io non potevo essere più felice! Io invece non ti ho avvertito che sono partita pochi giorni dopo a Stoccolma, siamo pari. dissi con un sorriso poco dopo.
Ora avevamo tutto il tempo che volevamo davanti a noi, per conoscerci e saperci apprezzare di più. Sembra strano vero? Io non sono mai stata così, sono sempre stata diffidente nei riguardi degli altri, forse perché "Cupido" aveva sempre avuto altri piani per me. A quanto sembrava, erano ottimi piani e io ne ero alquanto felice. Come avrebbe potuto essere diversamente?
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Lucy in the sky with diamonds
view post Posted on 11/10/2011, 19:27




«Derek Eastwood»
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Mi sentivo così bene : non mi sentivo così da tantissimo tempo che quasi avevo dimenticato cosa si provasse quando ti batte forte il cuore. Evangeline mi lanciò un sorriso a trentadue denti che fece svanire il mio rossore sulla guance e fece allargare la mia bocca e alzare i miei zigomi: sicuramente in quel momento avevo fatto uno dei pochi sorrisi sinceri che avevo fatto nella mia vita. Come avevo potuto fingere con tutti? Comportarmi con gli altri in un modo che non mi appartiene? Possibile che fossi così stupido, così superficiale.? No, con Evangeline non mi sarei comportato da superficiale: lei era diversa, lei era speciale.
Mi sentivo quasi in colpa, ma dovevo cercare di reprimere quei sentimenti negativi: una volta arrivato a casa avrei potuto sfogare tutto. Ora dovevo essere felice e sorridente per Evangeline, che intanto mi aveva abbracciato e dato un leggero bacio sul mento. Fu uno dei baci più belli che avessi ricevuto: non che ne avessi ricevuti tanti, ma quello era stato dolce come i baci che mi dava mia madre prima di addormentarmi. E proprio questo che mi fece capire quale fosse la mia strada: era questo che mi mancava. L'amore mi mancava.
-Io invece non ti ho avvertito che sono partita pochi giorni dopo a Stoccolma, siamo pari.-
Ecco perchè non mi aveva cercato: non era in città. Quasi risi nel ripensare tutti i viaggi mentali che mi ero fatto nel vedere che Evangeline non mi stava cercando quest'estate: in quei giorni passati avevo usato una fantasia che non avevo mai avuto. La strinsi ancora di più tra le braccia, non con pressione, ma con delicatezza, come se lei fosse una bambola di vetro e potesse svanire all'istante. Se fosse stato per me, non l'avrei mai più lasciata ma dovevo andarci piano, dopotutto, era solo l'inizio.


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view post Posted on 26/10/2011, 18:42
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Sorridevo. La vicinanza di Derek mi faceva questo effetto: mi faceva sorridere. Non che fossi una musona, anche se Andie spesso e volentieri mi sfotteva dicendo il contrario, ma non sorridevo mai così tanto e per così tanto tempo. Continuai ad abbracciarlo e affondai nuovamente il viso nel suo petto: ve l'ho già detto che aveva un buon odore? Non aveva più l'odore dell'ultima volta - sfido io, dubito che si fosse messo a giocare a football prima delle lezioni! - era un buon odore, diverso, che mi piaceva. Inspirai e chiusi gli occhi per un po'. Sembravamo forse due idioti, visti da fuori. Due folli che si abbracciano in mezzo al corridoio, con il rischio che la Sylvester possa passare da un momento all'altro e vederli e, così, dividerli tirando lui per le orecchie e fulminando lei con lo sguardo. Sopratutto perché lei era una sua cheerleader e quindi rischiava di non avere più il suo ruolo. Ma mi importava ben poco, ripensandoci. Qualcun altra mi avrebbe sostituito fra le cheerios e preferivo quella sostituzione a un altra. Ohoh, ci stiamo già ingelosendo? sorrisi distrattamente di quel pensiero. Stavo già diventando gelosa? Risollevai lo sguardo e lo guardai. Sì, forse sì mi risposi. Mi ero già abituata al suo abbraccio, già mi trovavo bene fra le sue braccia, avevo trovato il mio posto e il modo più comodo per stringerlo a me. Mi allontanai appena però. Ecco che il mio istinto tornava prepotente a dirmi di andare piano. Non volevo, ma dovevo.
Tu invece, raccontami, cosa hai fatto? gli chiesi, allontanandomi un po' e prendendogli la mano. Era meglio rimettere un po' le distanze. Ma non volevo lo capisse, doveva sembrare tutto molto naturale per entrambi. Potevamo iniziare così però: lui mi accompagnava in classe, ci salutavamo con una strizzata d'occhio e poi ci saremmo rivisti per l'ora di pranzo: poteva funzionare così, no?
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