Aysha Yusra Nassib ~
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©Il Kamikaze&Bullet Club mi era sempre piaciuto come locale, anche perché era l'unico posto dove si potesse andare dopo il tramonto alla ricerca di un po' di perdizione, per così dire. E di perdizione il Kamikaze ne aveva da vendere, anche se il nome sembrava più da luogo d'incontro per masochisti anonimi.
Cosa che, alcune volte, non era del tutto falsa.
Entrare nel locale non mi fu difficile: il Kamikaze era un club esclusivo, ed io non avevo più di qualche dollaro in borsa, ma non importava. L'entrata risultava sempre gratuita per
quelle come me, e i drink contavo di farmeli pagare dall'idiota di turno.
Non mi soffermai neppure nella sala al primo piano, andando direttamente verso le scale che portavano ai piani superiori. Con il tempo avevo capito che i divanetti morbidi e i drink leggeri non facevano per me, decisamente, ed avevo puntato a livelli più alti di depravazione. Perdonate il gioco di parole.
Frequentando abbastanza spesso il Kamikaze, non era difficile tenersi aggiornati sugli eventi, ed ero rimasta piuttosto affascinata dall'idea della serata bianco/nero. Avevo sempre amato i contrasti e, insomma, luce/oscurità, bene/male... era un classico che non potevo perdermi.
Di questo scontro, quella sera io ne ero la prova vivente, nel modo più sensuale possibile. Ondeggiai sugli alti tacchi neri, stringendo tra le dita la borsetta dello stesso colore, mentre percorrevo la rampa, a pochi scalini dall'entrata al secondo piano. A spiccare sulla pelle ambrata, un mini abito bianco mi fasciava fianchi e seno, seguendo la linea morbida del corpo, rendendo impossibile non notarmi, lo sapevo. Il mio problema, probabilmente, era l'essere così consapevole della mia bellezza, e lo scopo di quella sera era uno solo: provocare. Più in bene che in male, ne ero piuttosto certa, soprattutto a causa del lieve pizzo nero del reggiseno che spuntava appena dal vestito, più o meno involontariamente.
Aprii la porta, venendo immediatamente sommersa dall'aria quasi irrespirabile del locale, e dalla folla che si accalcava in una massa bicromatica. Donne che flirtavano, uomini dagli sguardi vacui.. la lascivia era quasi percepibile al tatto. Fantastico.
Mi feci strada tra la gente, scivolando tra i corpi, alla ricerca di un viso conosciuto, o di uno sconosciuto da invitante.
Quello che trovai non soddisfece nessuna delle due categorie: a tre o quattro persone da me, seduto su uno dei divanetti privati del club, c'era quello stronzo di Daniel Hammond. Difficile definirlo con un altro aggettivo, e probabilmente l'avrebbe considerato persino un complimento.
Mi soffermai a guardarlo, cercando uno spiraglio tra la gente, e mi ritrovai ad osservare una scena solita. Un numero indefinito di ragazze che si accalcavano addosso a lui, visibilmente ubriaco, con il colletto sbottonato e la camicia allentata. Era sexy, non c'erano dubbi, e questo me lo rendeva persino più odioso.
Continuai ad osservarlo con la coda dell'occhio e, proprio l'attimo prima che mi sembrasse alzasse lo sguardo su di me, mi voltai, dandogli le spalle e facendomi di nuovo strada tra la folla bianco-nera, tirando indietro i capelli con una mano mentre mi avvicinavo al bancone per un drink.